Scuola e reato: il furto - GSO

Scuola e reato: il furto

Altra vicenda, altra situazione, stesso finale: autori del reato scoperti. 

Siamo in seconda media. Ora di scienze motorie, ma non per tutti. I più furbi ritardano l’arrivo in palestra per divertirsi ed entrare in una classe vicina con cui avevano l’ora di ginnastica e tentare, molto furtivamente, di esplorare negli zaini dei loro compagni. 

Mario, Francesco e Alberto entrano in azione. 

Fortuna vuole che in uno zaino riescano a trovare un portamonete. Uno fa il palo, l’altro apre lo zaino, il terzo preleva il contenuto dal portamonete. Risultato: bottino da cinquanta euro. Ottimo. Si può andare a lezione. I compagni si stanno ancora cambiando. Nessuno nota il ritardo dei tre, anche perché l’azione è stata fulminea. 

Si aprono le discussioni, durante la ricreazione, tra i tre compagni di sventura sul modo di dividersi il bottino: in particolare cinquanta non è numero divisibile per tre. Il capo, quindi, decide che il palo ha diritto solo a dieci euro, mentre gli altri due complici devono assolutamente dividersi i restanti quaranta euro in parti uguali. 

Con qualche mugugno del ‘palo’ la decisione è presa e condivisa. 

Adesso, però, il problema è riuscire a dividere i cinquanta euro. Come fare? Mario propone di rivolgersi alla segreteria della scuola per il cam- bio e così durante la ricreazione Alberto e Francesco eseguono l’ordine. La segretaria cambia il denaro delle piccole pesti, ma non senza qualche perplessità. 

A questo punto suona la campanella della ripresa delle lezioni e si confonde con l’urlo disperato dell’allieva che, per tutta la ricreazione, ha cercato disperatamente i soldi nello zaino. 

La preside è già stata informata. Scatta l’investigazione scolastica, che produce abbastanza velocemente i suoi frutti: sembra che nella realtà il ritardo dei tre sia stato notato da qualche insegnante e soprattutto la segretaria conferma che alcuni ragazzini delle medie hanno cambiato cin- quanta euro durante la ricreazione. 

Come al solito il problema arriva sul tavolo del dirigente che deve definire le responsabilità e confermare i fatti, dopo aver sentito i presunti colpevoli. 

Il giorno seguente il ‘capo’, Mario, viene subito condotto da me e arriva in modo dimesso eppur sorpreso reggendo la parte di quello che non sa nulla. D’altra parte è vero che ha cambiato cinquanta euro in segreteria, ma solamente perché doveva comprarsi le cuffiette, che tra l’altro mi mostra con fierezza insieme allo scontrino. 

“I tuoi genitori sanno dell’acquisto?” chiedo con una certa curiosità. 

“Certo me li hanno dati loro i soldi!” risponde Mario con un’ostentata sicurezza. 

Sentiti gli altri due, le versioni sembrano coincidere.
E allora i soldi mancanti della loro compagna? Non ne sanno niente. Lascio passare la giornata. Altre fonti confermano che i sospettati sono proprio loro, ma forse c’è anche la complicità di un quarto compagno che è la mente, l’ideatore dell’azione. 

A questo punto il sabato mattina partecipo al progetto delle medie, i ragazzi devono presentare i loro lavori di ricerca all’aperto. Mentre si sviluppa l’attività legata alla presentazione delle diverse lezioni artistiche, musicali, storico-culturali e linguistiche preparate dagli insegnanti, vedo Mario che cammina su e giù per il portico della struttura che ci ospita. Guardo con attenzione il suo volto. Mario mi vede, mi saluta e abbassa gli occhi. Mi avvicino senza parlare. Mi guarda e abbassa gli occhi. Mi fermo, si ferma. Mi osserva e abbassa gli occhi. Gli metto la mano sulla spalla e lo incoraggio: 

“Dai Mario raccontami davvero com’è andata!» «No prof, io non ho fatto niente…”
“Nessuno ti accusa!”
“Io non volevo…” 

“Su non ti preoccupare. Non ci saranno punizioni solamente lezioni di riflessioni su quello che avete fatto”.
“Ma se io parlo gli altri mi considerano un traditore”.
“Sai Mario, penso sia proprio così che nasce il male: uno vede e tace per difendere l’amico. Ma più che difenderlo lo inguaia, perché non lo aiuta ad assumersi le responsabilità”. 

“Ma se io parlo gli altri non mi vorranno più come loro amico. E poi i miei genitori…”. 

“Senti, facciamo così: oggi è sabato, vai pure a casa. Rifletti su quello che ci siamo detti. Parlane con i tuoi compagni e poi lunedì io ti chiamo per sapere se posso confrontarmi con voi tutti assieme. Assumiti la responsabilità di decidere con i tuoi compagni di venire a parlare con me. Non ci saranno punizioni ma azioni di responsabilità nei vostri confronti. Mi riservo dopo di farti capire di cosa si tratta. A lunedì allora”. 

Arriva il lunedì. Mario ha seguito il suggerimento che gli ho dato. Ha parlato con i suoi compagni. Ho la conferma che gli artefici del reato sono in quattro: c’era anche Kepala, l’ispiratore. 

Così arrivano tutti nel mio ufficio e inizio il colloquio: 

“Allora, la scorsa settimana si è verificato un furto all’interno della scuola. Il furto è un reato e per questo bisognerebbe chiamare la polizia o i carabinieri. Io, però, prima di sporgere denuncia intendo sentire se voi avete qualcosa da raccontarmi”. 

Inizia Mario con la sua versione che scagiona Alberto (il palo) e dice di non averlo retribuito perché si era rifiutato di prendere i soldi. La coscienza (o forse la paura della mamma) non gli aveva consentito di accettarli. L’ispiratore tace. Francesco conferma la versione di Mario e Alberto. Kepala tace ancora e non cede. Poi, finalmente, spinto da me e soprattutto dai compagni che continuavano a sollecitarlo a raccontare la verità, dopo numerose esitazioni, crolla e conferma tutto, perfino di essersi intascato i 20 euro che dovevano essere dati a Francesco -l’autore materiale- il quale ha rimediato solo i 10 euro che dovevano essere assegnati ad Alberto. 

Condivisa la versione dei fatti inizia la fase due. Nel pomeriggio, infatti, convoco i genitori per renderli informati su quanto è successo. 

Il colloquio inizia chiedendo ai genitori se fossero al corrente del motivo della loro convocazione. Le quattro famiglie presenti rispondono rispettivamente in questo modo: 

“Io non so bene il motivo”, “Mi pare abbia a che fare con degli episodi successi la scorsa settimana a scuola”, “Sì, qualcuno deve aver frugato nello zaino di uno studente!”, “Sì e hanno portato via il portafoglio di una ragazza”. 

La graduazione delle versioni è inversamente proporzionale alle responsabilità dei gli, quindi l’ultima -quella più vicina alla realtà- è la risposta della famiglia il cui figlio, dopo aver fatto il palo, si era pentito e sostanzialmente aveva confessato. 

La famiglia che non sapeva bene il motivo, era quella di Kepala. 

Le altre famiglie erano state più o meno informate anche senza la dovizia dei particolari. 

Nessuna famiglia aveva la versione precisa. 

L’esperienza mi insegna che, per affrontare momenti di crisi come questi, sia necessario riconoscere e condividere con i genitori i fatti contestati, altrimenti si rischia di generare una serie di tensioni e conflitti che minano alla radice il rapporto di fiducia tra la scuola e la famiglia. 

Inoltre, al di là del già citati principi della coscienza del reato e dell’amore per la persona (né trascurare, né punire, ma responsabilizzare), in questa situazione ho pensato fortemente all’importanza di costruire un’alleanza con la famiglia

L’alleanza che va oltre il patto

Il patto può essere ratificato burocraticamente richiamando il rispetto di regolamenti scolastici d’istituto (quindi anche le sanzioni conseguenti al furto). 

Credo però che al di là degli aspetti basilari di civile convivenza, che potevano essere ricordati nel caso precedente dei ragazzi ‘falsari improvvisati’, in questo caso ci sia la necessità di coinvolgere attivamente le famiglie sugli aspetti educativi del problema.
In particolare mi è sembrato importante iniziare il dialogo educativo su un aspetto fondamentale della relazione scuola famiglia: la fiducia.
Il tema della fiducia sta alla base dell’alleanza e comporta conseguentemente il rispetto del Patto.

La famiglia si può fidare della scuola e la scuola può darsi della famiglia. Una reciprocità quanto mai necessaria per garantire il buon esito dell’educazione alla cittadinanza auspicata da tutti. 

Giordano Casonato

Direttore di GSO