Concerto e identità della scuola - GSO

Concerto e identità della scuola

I corsi di musica all’interno della scuola media e superiore sono in continua ascesa in termini di iscritti, a motivo della grande qualità dei musicisti che sono stati selezionati come docenti.

Le insegnanti di musica della primaria sono tutte diplomate al conservatorio. L’ora di musica è quindi l’occasione per esaltare il talento dei bambini e svolgere una lezione molto animata.

Normalmente sono le feste natalizie, di carnevale e di fine anno a dimostrare l’enorme lavoro delle maestre. Ognuno fa bene il suo lavoro, ma ciascuno per conto proprio.

C’è una malattia della scuola italiana, che è molto diffusa anche tra le scuole paritarie di ispirazione cattolica, che sostanzialmente vuole ogni scuola come mondo a sé. Trovarsi insieme, magari in ‘rete’, per fare ciascuno il proprio interesse individuale. Conta solo ciò che porto a casa come singolo, non la crescita di tutto il gruppo o di tutte le scuole.

Questo avviene nel piccolo anche negli istituti omni-comprensivi, dove tra scuola dell’infanzia, primaria, e secondaria di primo e secondo grado, ognuno è abituato a realizzare le sue recite, i suoi concerti le sue rappresentazioni teatrali, le sue feste. Scuole con una dirigenza unica, ma con istituti diversi e talvolta ospitati in edifici diversi.

Situazione, quest’ultima, che di certo non agevola lo stare insieme.

Cos’è, allora, che potrebbe tenere unite le diverse componenti di una stessa struttura?

È un linguaggio universale, un elemento dell’animo umano generatore di un magnetismo invisibile che attrae le persone, senza in apparenza far comprendere le ragioni di tale attrazione o avvicinamento: la musica. Da qui l’idea: come realizzare il senso di appartenenza ad una istituzione come la scuola?

Con un grande concerto di Natale tra tutte le componenti scolastiche.

Sì, il concerto è la soluzione.

Metto in gioco tutta la mia capacità di persuasione per realizzare l’evento.

È vero anche che dall’idea iniziale a quello che si concretizza c’è spesso molta differenza. Si immaginano grandi celebrazioni e poi si ottiene poco più di un saggio musicale. Raramente l’esecuzione supera l’immaginazione. Questa è una di quelle situazioni.

Tra mugugni di alcuni genitori che lamentano l’orario del concerto, il giorno infelice scelto perché sabato sera, la difficoltà a trovar parcheggio, la demotivazione nei confronti di un concerto che non è la recita di Natale dei propri figli, così arriva la serata programmata all’inizio dell’anno scolastico.

Più di seicento bambini tra infanzia e primaria fanno da sfondo e da coro. Più di cinquanta orchestrali suonano con strumenti d’archi, fiati e ottoni.

È la serata dove protagonisti tutti insieme sono i bambini, i ragazzi e i giovani della scuola.

È la serata dove il senso di appartenenza della scuola deve emergere, dove si deve trovare il motivo per stare insieme sotto lo stesso tetto.

È la serata che deve aiutare tutti noi a comprendere il valore del lavoro di gruppo, del gioco di squadra finalizzato a far promuovere il talento dei nostri studenti.

Alla fine dovremmo sentirci fieri come quando cantiamo con convinzione e a squarciagola l’inno nazionale.

Qui, però, la partita da giocare si chiama alleanza scuola-famiglia. I vincitori devono essere i protagonisti della serata: gli alunni della scuola. Tra classico, moderno e temi natalizi, il concerto si sviluppa in crescendo, dove le difficoltà tecnico-logistiche dovute all’acustica della Chiesa che ospita l’evento, e al numero ingente di alunni coinvolti, sembrano non esistere.

Amo definire l’organizzazione come quell’elemento invisibile di una struttura la cui assenza giustifica la sua presenza: in poche parole quando una cosa non è organizzata ti accorgi subito, se tutto fila liscio nessuno si accorge di nulla.

È un concerto di Natale che prende corpo man mano che passano i minuti e alla fine della serata, scandita da applausi convinti per ogni brano eseguito, il grado di soddisfazione per quello che si è ascoltato è tutto negli occhi sorridenti e soddisfatti di insegnanti, bambini, genitori.

Mugugni spariti. Problemi risolti. Difficoltà superate.

Bambini felici. Ragazzi contenti. Giovani soddisfatti. Insegnanti stremati. Coordinatori disfatti.

Un tripudio di emozioni scandisce i commenti di genitori, insegnanti e studenti nella Chiesa che lentamente si svuota delle più di duemila persone presenti. Qualcuno commentando a caldo l’esito del concerto si chiede: “Ma chi ha avuto l’idea di questo evento?”

Credo che il valore delle cose stia tanto nell’invenzione quanto nell’esecuzione. Nel gioco di squadra si vince insieme.

Sono convinto che in qualche contesto la Matematica si possa definire una scienza imprecisa. Sì, perché in questo caso la somma delle diverse componenti dà un risultato migliore dei suoi singoli addendi.

È come se due più due facesse cinque.

L’elemento in più che si è aggiunto si chiama ‘motivazione’.

Ed è sempre la motivazione a compiere la differenza sull’esito di un lavoro, di un servizio, di un progetto.

La motivazione degli insegnanti nel compiere il loro lavoro. La motivazione degli studenti nello scegliere la scuola.

La motivazione dei genitori nell’educazione dei figli. La motivazione dei dirigenti nell’ascolto dei bisogni.

La motivazione nasce dalla capacità di vedere oltre l’esistente e riuscire a portare nella visione chi cammina con te.

‘Duepiùduefacinque’, non insegnatelo a scuola durante l’ora di matematica, ma durante la vita delle relazioni sociali ed educative.

Una scuola che trova il suo senso di appartenenza ad un concerto, ad un evento, ad un rito, ad un momento celebrativo particolare è una scuola che sa dare motivazioni.

La scuola che fonda la sua identità sul generare motivazioni è una scuola dove poter realizzare i propri sogni. Nella realizzazione dei nostri sogni troviamo il senso della nostra identità.

La musica, quindi, è l’arte che ci aiuta a trovare la nostra identità, a scoprire chi siamo.

Il concerto per partecipare, per vivere insieme, per giocare di squadra ma soprattutto per scoprire che insieme valiamo molto di più delle nostre singole identità.

Scoprire di essere parte di un progetto più grande della nostra singola vita è bello, quanto scoprire che l’insieme di più persone è molto meno del valore che quelle persone danno nel loro stare insieme.

Continuo a chiedermi, quindi, perché questa realtà non possa valere anche per le istituzioni scolastiche tra di loro. Mettersi insieme non per confondersi, non per combattersi, non per copiarsi, ma per scoprire una nuova identità dentro ad un sogno condiviso.

Credo quindi che il problema della nostra scuola italiana sia uno solo: manca il sogno.

Sognare da soli è bello. Sognare in molti è grande. Sognare insieme è l’inizio della realtà.

Con la persuasione educativa si può condividere un sogno. Con un concerto si può creare il senso di appartenenza. Con un buon esito si arriva a trovare la motivazione.

Dalla motivazione è possibile generare una nuova speranza nella scuola italiana: vedere un giorno i nostri figli felici di vivere la vita. E questo perché nella scuola hanno trovato il modo di sviluppare i loro talenti per metterli a disposizione della comunità di appartenenza. A volte basta un concerto per risvegliare il senso di questa appartenenza. Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta…

Giordano Casonato

Direttore di GSO

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