Un panino lungo tre metri: il rapporto tra studenti e insegnanti - GSO

Un panino lungo tre metri: il rapporto tra studenti e insegnanti

Nei miei diciassette anni di insegnamento solo una volta mi è capitato di mantenere una classe dalla prima alla quinta.
Una classe vivace, mediamente nella norma come attitudini per la disciplina che insegnavo, l’Economia Aziendale.
Una classe simpatica. Erano a volte talmente sulle nuvole che la loro autenticità mi disarmava, fino al punto da lasciar perdere le numerose situazioni di difficoltà di attenzione e di apprendimento che mi si presentavano davanti.
Non era certo una classe straordinaria nelle valutazioni scolastiche, ma molto, molto stimolante dal punto di vista delle relazioni umane.
Così trascorrevamo una parte del tempo a discutere di tutto: della famiglia, della società, di economia, della Fede, della povertà. Le lezioni erano stimolanti dal punto di vista umano, anche se ho sempre avuto il sospetto che fosse un buon modo per sottrarre un po’ di tempo allo studio.
Mi sono spesso chiesto quale fosse il tempo perso. Gli studenti entrano nella scuola esplorando in continuazione le loro attitudini, i loro interessi. Accendono lampadine tutte le volte che trovano qualcosa che ha a che fare con il loro vissuto. Più si crea attrito, più si crea resistenza, più si illumina la lampadina.

Ciò significa che dedicare tempo a scoprire, valorizzare e promuovere i talenti dei ragazzi non è tempo perso. Anzi, è un tempo importante per l’orientamento di vita e professionale del futuro.
Quindi, se le discipline sono occasioni offerte allo studente per scoprire i propri talenti, ci dovrebbe essere un tempo da dedicare alla loro valorizzazione e promozione.
Quale tempo si dedica nelle nostre scuole alla scelta dello studente in funzione dei suoi talenti? Come si favoriscono i percorsi personalizzati oggi definiti di didattica personalizzata? Come si possono creare gli spazi per vivere in modo profondo e autentico l’autonomia scolastica?

Compivo 36 anni, era il giorno del mio compleanno e salivo le scale della scuola per procedere alla mia lezione tradizionale. Sul corridoio, che porta all’aula scolastica, due studenti mi fermano e mi impediscono di entrare in classe. Dopo alcuni tentativi goffi di forzare l’entrata e prontamente impediti dalle sentinelle di vedetta della classe, paziento, con il sorriso sornione della preside che sembrava aver autorizzato quella strana situazione. A questo punto vedo le luci della classe spegnersi e un improvviso bagliore comparire, quasi un fuoco acceso. Mi allarmo subito e chiedo se per caso non stiano bruciando la classe o magari i libri di Economia Aziendale. Forzo ancora l’entrata ma ricevo subito un alt e delle rassicurazioni dalle sentinelle: stia tranquillo prof, tra poco potrà entrare.

Pochi secondi ed infatti entro. Su una fila di banchi, disposta in senso orizzontale, vedo depositato un enorme tagliere di legno con un panino lungo tre metri farcito di tutto quello che si possa immaginare: prosciutto, salame, formaggio, mortadella, speck, mozzarella, pomodoro, verdure grigliate, e poi la parte dolce fatta di Nutella e marmellata.
Mi impongono la foto del prof che addenta il panino!
«Ma come avete fatto a portare per intero un panino così lungo?» Mi risponde Marisa che il panificio di casa sua ha messo gentilmente a disposizione sia il tagliere che la vettura per trasportarlo. In questo modo sono riusciti a farlo entrare a scuola senza tagliarlo. Poi c’è stato il lavoro di tutti i compagni di classe per farcirlo.
Il fuoco che si vedeva erano le trentasei candeline messe sopra il panino e accese nel momento in cui avrei voluto intervenire per timore che bruciassero i libri di Economia Aziendale.
Benedetti ragazzi.

Perché tutto questo per me?
Mi risponde Luca con una sincerità quasi disarmante: «Sa prof, posso dire di vedere più lei di mio padre. Le vogliamo bene e in famiglia si festeggia insieme il compleanno».
A quel punto mentre azzanno il panino con tutta la dimensione della mia bocca, riesco a nascondere una lacrima che scivola nel buio della stanza, illuminata solo dalle candeline che devono ancora essere spente. Vi voglio bene anch’io ragazzi. Un soffio… e nuova vita alla relazione umana accesa.

Sì, l’anima della scuola. Dov’è?
Io credo sia in quel panino con le 36 candeline accese.
Entrare in relazione significa riconoscersi a vicenda un po’ più vicini nella strada che si compie. Significa vivere dentro una dimensione umana ricca, profonda e autentica.
Significa fondare il lavoro che costituisce il motivo dell’incontro su un atto di amore.
Dare anima alla scuola significa uscire dal solipsismo individualista dell’insegnante erogatore di servizi, per entrare nella logica dell’ambiente educativo che esprime attraverso l’insegnante una passione per le persone, per la propria disciplina, per il proprio lavoro.
L’insegnante che sa dire ai propri alunni: ‘Vi voglio bene!’ è un insegnante che fonda sulla relazione il successo del suo intervento didattico-educativo.
Ogni tanto penso che il successo non sia qualcosa legato all’erogazione di un servizio, ma all’accensione della motivazione interiore dello studente.
Accendere lo studente per qualcosa di veramente bello.
Accendere lo studente per qualcosa di veramente buono.
Accendere lo studente per qualcosa di veramente profondo.
Educare al bello, buono e profondo per riuscire a dare il meglio di sé nella vita.

Scuola delle competenze?
Prima di tutto Scuola dei Talenti.
Così riassumevo nel piano strategico della scuola gli obiettivi fondanti il quinquennio 2007-2012.
Come pensiamo di accendere gli studenti che abbiamo davanti?
Cosa riusciremo a trovare nelle persone che abbiamo davanti?
Per quale strada saranno orientati nel futuro?
Cosa interessa loro veramente?
Quali talenti potrebbero sviluppare?
Con quali valori vorranno accompagnare la loro vita?
Mi sembrano buone domande che qualificano il nostro compito di insegnanti.
È da più di una buona domanda che possiamo trovare nuove strade di cambiamento per la nostra professione. Ammesso che ci vediamo in modo nuovo all’interno della scuola: come insegnanti che vogliono accendere passioni nelle persone.

Giordano Casonato

Direttore di GSO