Annalisa la cubista: il ruolo degli insegnanti - GSO

Annalisa la cubista: il ruolo degli insegnanti

Terza ora della mattina in quarta ragioneria: lezione di Economia Aziendale. Comunico agli studenti una brutta notizia che giunge dal Brasile: il figlio di due anni di un ex insegnante della scuola, in missione per i poveri in Brasile, muore in un piccolo lago vicino alla casa dove risiedevano. Tutta la scuola è molto colpita dall’evento. I ragazzi mi chiedono se è possibile fare qualcosa per il prof e io senza esitazioni mi metto a disposizione per capire cosa proporre.

Non siamo ancora nell’era di Internet né di WhatsApp. Telefonare dal Brasile è costosissimo e per i missionari è difficile raggiungere postazioni dove trovare un telefono.

Perciò ci si scrive. In quaranta giorni riusciamo sia a spedire che a ricevere una lettera in cui, molto precisamente, sono espressi i possibili modi per sostenere la missione della famiglia del piccolo Stefano.

Si possono offrire poche centinaia di mila lire, come qualche milione di lire. In base all’entità della somma cambia il progetto: da un semplice lettino per bambini ad attrezzature per realizzare una falegnameria.

Sembra delinearsi l’idea di effettuare, nelle diverse parrocchie della zona, una raccolta fondi attraverso iniziative diverse: la vendita di fiori, il lavaggio delle auto, la vendita di torte, c’è chi, infine, si propone di vendere dei patchwork. Insomma non mancano le proposte.

La classe quarta decide di partecipare tutta compatta. Tutti, tranne Annalisa. Lei è l’unica a comunicare con il silenzio la sua indisponibilità. Un silenzio che colgo come un pugno allo stomaco. Possibile che di fronte ad una sciagura così grande la reazione debba essere l’indifferenza?

Sapevo di Annalisa come una ragazza dedita al ballo. Qualche suo compagno aveva riferito che faceva la cubista in discoteca.

Io inizio a proiettare i mali della società contemporanea su quella ragazza, sulla famiglia, su questa cultura che rende indifferente tutto, anche la morte di un bambino.

Vorrei esternare queste mie riflessioni, ma lo ritengo inutile e soprattutto possono essere fondate su opinioni e non su fatti, quindi me ne sto zitto.

Questo lo scenario.

Ora dovevo capire come muovermi. A darmi una mano c’era l’insegnante di Scienze, suor Laura, che aveva un rapporto davvero bello con gli studenti. Riusciva a far cogliere il valore della Scienza con la sua testimonianza di Fede.

Era un bell’ossimoro vivente!

Organizzammo in una domenica di marzo tutte le attività preparate. Fu una giornata eccezionale perché parteciparono più di cinquanta studenti nelle diverse parrocchie e riuscimmo a raccogliere più di dieci milioni di lire.

Il progetto falegnameria era in pratica cosa fatta.

L’entusiasmo dei ragazzi e il successo dell’operazione stupirono moltissimo la famiglia di missionari e, in una delle lettere dal Brasile, ci scrisse che erano molto riconoscenti per l’iniziativa realizzata e il suo esito: la falegnameria sarebbe sorta di lì a poco.

Avevo già dimenticato quel silenzio.

Avevo pensato di non giudicare quella ragazza e la sua situazione.
Continuai ad essere l’insegnante di sempre anche nei suoi confronti.
Finì l’anno scolastico e suor Laura, in sede di Consiglio di classe, ci raccontò che Annalisa aveva deciso di trascorrere due mesi in Argentina con le suore per aiutare i bambini poveri. Mi feci ripetere il nome perché non ci credevo.

Senza esitazione suor Laura lo ripeté ed io rimasi in silenzio.

Benedissi il valore del mio silenzio, quando, ben prima, ero stato tentato dall’idea di far presente alla classe che il disimpegno e l’indifferenza, pensando proprio ad Annalisa, sono due brutte piaghe da combattere nella nostra società..

Ma il silenzio di Annalisa non era di indifferenza o di distacco: era un silenzio di riflessione.

I tempi dell’adulto e i tempi dei ragazzi frequentemente non coincidono.

L’adulto deve avere la pazienza dell’attesa.

L’attesa è una declinazione attiva del verbo aspettare che in sé esprime un comportamento passivo.

Se aspetto non so l’ora, non so il motivo, non so se una determinata cosa si potrà verificare.

Nell’attesa è incerto solo il tempo, perché l’evento è sicuro.

Il nostro cuore attende con trepidazione l’incontro con l’amata.

La nostra mente aspetta con impazienza che cambi una situazione.

Aspettare ci crea rabbia, frustrazione.

Attendere ci dà speranza, fiducia.

Il silenzio rigeneratore.
Il silenzio ristoratore.
Il silenzio dell’ascolto.
Il silenzio del perdono.
Il silenzio della preghiera.
Il silenzio dei gesti d’amore.
Il silenzio dell’attesa.
Il silenzio della riflessione.

Annalisa in quella lezione aveva deciso di non parlare, di non aderire e probabilmente non sentirsi giudicata, le ha consentito di maturare dentro di sé nuove idee, nuove convinzioni, nuovi valori.

I genitori di Annalisa sono benestanti, vivono in una casa con piscina e vestono in modo molto elegante.

Sono stati sorpresi dalla scelta di Annalisa. Per certi versi hanno tentato di ostacolarla, di impedirle di partire.

Le grandi acque non possono spegnere l’amore né i fiumi travolgerlo, recita il salmo, e Annalisa ha compiuto la sua scelta: ha deciso di vivere in Argentina.

Annalisa esercita la funzione di insegnante in Argentina e vive con il suo compagno, naturalmente argentino.

A questo punto mi viene in mente una riflessione, oserei dire ricorrente, riguardo al nostro essere insegnanti: quante sono le etichette che mettiamo agli studenti?

Annalisa la cubista.
Mario il fannullone.
Giacomo il casinista.
Enrico lo svogliato.
Maria la superficiale.
Matteo, braccia levate all’agricoltura.
Franco, cosa ci fa in questa scuola? E poi, non capisce niente di Matematica.
Non è portato per le lingue.
Non ha voglia di fare niente.
È un incapace.
Troppi soldi e poca voglia di studiare.

Gli insegnanti diventano giudici: emanano sentenze.

Poi alla sentenza di condanna si mettono in bell’evidenza le etichette.

Al momento dell’assoluzione ci si dimentica perfino del giudizio emanato.

Troppi danni ho visto in chi non riesce a togliere l’etichetta dal volto dello studente.

Troppi conflitti ho visto perpetuarsi nel tempo a causa di queste etichette.

Quando ho dato fiducia, però, l’etichetta è stata tolta e con la fiducia accordata è sorta una nuova stagione di relazioni.

Meno etichette e più fiducia per una buona relazione prof/alunno.

Annalisa vive in Argentina, insegna l’italiano e… anche se continua a ballare, non fa più la cubista.

Giordano Casonato

Direttore di GSO